L’evoluzione dell’impianto e dell’installatore

untitledNegli ultimi 30 anni l’evoluzione degli impianti destinati alla climatizzazione degli edifici è stata senz’altro imponente. In realtà però dobbiamo prendere atto che l’evoluzione è stata di due tipi: una nel vero senso della parola con una progettazione di sistemi impiantistici o parti di essi completamente innovativi (si pensi alla building automation o ai sistemi Vrv/Vrf) e un’altra più rivolta all’evoluzione ed applicazione di tecniche conosciute bene già trent’anni fa, ma scarsamente applicate (ad esempio le pompe di calore, oggi utilizzate senza remore, o le caldaie a condensazione). Evidentemente uno sviluppo continuo della tecnica impiantistica non comprende solo i sistemi impiantistici, ma anche le loro tecniche di installazione ed i materiali impiegati. È abbastanza facile per chi ha vissuto questo periodo sul campo, ricordare come trent’anni fa si utilizzavano solo tubazioni in ferro nero o zincato unite mediante saldatura (ossidoacetilenica o elettrica) o filettatura. Per gli stessi tubi in ferro l’unione mediante giunti del tipo Victaulic è divenuta di uso comune solo attorno agli anni ’90.

Le tubazioni in plastica erano utilizzate sostanzialmente solo per gli scarichi negli impianti idricosanitari (siano essi in pvc, in pp o in Pehd) dove avevano soppiantato negli anni ’70 gli scarichi in piombo.
Oggigiorno troviamo sul mercato diverse tipologie di tubazioni in plastica per gli usi più svariati e con tecniche di unione delle più diverse tipologie. Tubazioni adatte per trasportare acqua fredda, acqua calda a bassa e ad alta temperatura, gas, per realizzare pannelli radianti a pavimento o a soffitto integrate nei supporti metallici o nel cartongesso così che l’installatore deve sempre più acquisire conoscenze sui materiali, sulle tecniche di posa e sulla normativa, dotarsi delle necessarie attrezzature di lavoro con costi assolutamente rilevanti non sempre ammortizzabili con un risparmio di tempo nella posa in opera.
Un discorso del tutto analogo si può fare per i sistemi di regolazione che dal tipo elettromeccanico sono passati a quello elettronico con una gestione sempre più spesso di tipo centralizzata, supportata da adeguati software di gestione e pagine grafiche di interfaccia.
Non è raro che all’installatore meccanico, nell’ambito di una semplificazione degli appalti, viene chiesto di effettuare anche tutti gli allacciamenti in campo di regolazione, nonché di fornire e cablare il quadro stesso di regolazione.
È evidente come in questi casi le competenze dell’installatore si spostano vieppiù nel campo elettrico oltre che nel campo della regolazione. Quindi non sarà più sufficiente conoscere i processi di automazione e i loro algoritmi (proporzionale, integrale e derivativo), ma sarà opportuno sovraintendere anche alle filosofie di regolazione entrando nel merito della redazione delle logiche di funzionamento e verificandone la funzionalità una volta che queste vengono attivate, uscendo dall’illusione che il progettista e il tecnico della regolazione possano fare questo lavoro per conto dell’installatore (a prescindere dalla competenza). Tutte queste attività portano l’impresa di installazione a considerare basilari le attività di formazione interne del proprio personale sia tecnico che operativo.




« Indietro